Living the Dream

Avete presente quelle mitiche palestre tappezzate di scudetti e bandiere, quei coach in giacca e cravatta che ordinano flessioni e suicidi senza sgarri, quei ragazzi di colore che dopo essere arrivati in palestra a bordo di una macchina anni 70 con musica rap a palla lasciano tutti a bocca aperta con giocate spettacolari e atletismo smisurato, quegli autobus stretti e vivaci che accompagnano le trasferte o tutto quello che si vede in film che hanno accompagnato il nostro sogno cestistico come “Coach Carter”, “Glory road” o “Hoosiers”? Beh, tutto ciò esiste davvero.

Sono Mauro Belinazzi, ora un “exchange-student”, che partito  a diciassette anni da Gonars si ritrova a vivere in America per un anno dal valore indescrivibile. Quando mi è stato annunciato di aver vinto una borsa di studio completa per un intero anno negli USA quasi non ci credevo, ma ora che sono qui, sono sicuro di aver fatto la scelta migliore, impegnandomi al massimo per ottenerla e “buttandomi” in un’esperienza che non sapevo dove mi avrebbe portato. Sin da piccolo sono stato seguito e “allevato” dalla Libertas Gonars, giocando a basket e sognando di diventare una star cestistica americana. Quel sogno si è in parte realizzato quando sono entrato a far parte della squadra di una vera e propria High School statunitense.

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Davie County, una delle regioni più piccole del boscoso North Carolina, ad un’oretta e mezza dall’università che rese MJ una leggenda, dove la Davie High School mi ha accolto a fine Agosto scorso. Duemila studenti tutti pronti a tuffarsi in ciò che rappresenta più di un semplice gioco o competizione: lo sport. Lo sport circonda la vita scolastica, coinvolgendo tutti nella comunità della zona, compresi adulti e bambini dentro e fuori l’istituto. Lo sport giovanile (high school e college) infatti, occupa un ruolo di grosso rilievo negli States che molto spesso è sconosciuto all’estero, dove si pensa all’ NBA o all’NFL come le più seguite. La stagione sportiva è divisa in “Fall sports”, autunnali (football, soccer, cross country, volleyball …) “winter sports”, invernali (basketball, track…) e “spring sports”, primaverili (baseball, lacrosse, track…). Dopo aver corso Cross country per i primi due tre mesi, è finalmente arrivata la “basketball season” tanto attesa. Fondamentalmente tre squadre gareggiano per la scuola, sia femminili che maschili. Gli studenti al primo anno costituiscono il “freshman” team e gareggiano con le squadre delle altre scuole composte da soli “primini’. Il resto degli studenti, al secondo, terzo e quarto anno, ambisce a far parte del varsity team, quella che noi chiameremmo eccellenza, seguita da tutti con grande entusiasmo all’interno della scuola e non. Verso la fine di ottobre iniziano le vere e proprie selezioni per ciascuno dei suddetti “teams”. La durata di queste prove è di una settimana circa, e per parteciparvi bisogna iscriversi e possedere la certificazione di idoneità. I giocatori che hanno costituito la squadra gli anni precedenti sono avvantaggiati e già conosciuti dai coaches, e per i “novellini” quindi è una dura battaglia mettersi in mostra. I tagli vengono effettuati alla fine di ogni giornata di provini e solo al termine dell’ultimo giorno di selezioni ho realizzato di avercela fatta, di aver conquistato l’ambito posto all’interno del “varsity team”. Chi viene tagliato fuori può sempre gareggiare per il “JV team”, di livello inferiore.

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Gli allenamenti sono iniziati subito: ogni giorno dopo scuola (e ogni tanto anche prima delle lezioni!!), compreso il sabato. Fin da subito ho capito che la stagione sarebbe stata unica ed emozionante e che oltre tutto avrebbe richiesto passione e dedizione. Dopo circa un mese di duro lavoro, inizia il vero e proprio campionato, che prevede partite dette di “conference”, con le migliori squadre della stessa zona, e partite di “non-conference”, contro squadre più lontane e di minor valore. Giunto il giorno della prima partita, in casa, l’emozione e la tensione salgono alle stelle. Sbalordito apprendo che siamo seguiti dal corpo delle cheer-leaders della scuola che guidano al tifo la sezione studentesca di tifosi composta dagli studenti della scuola stessa, pronti a scatenarsi con orgoglio per noi. L’entrata in campo è ancor meglio: a ritmo di musica entriamo correndo da una porta laterale della palestra, guidati da due file di cheer-leaders e dalla mascotte, un aquila. Infatti, negli US, ogni squadra assume un nome che può variare da nomi di animali ad appellativi più o meno “combattivi”; in particolare, il nostro è quello delle aquile da guerra, “War Eagles”. Inoltre, la palla a due è preceduta dall’inno nazionale e dalla presentazione del quintetto base, con tanto di speaker che annuncia anche i realizzatori o le sostituzioni durante la partita. Gli spalti sono gremiti e l’atmosfera è mozzafiato. Tutte le partite seguono questo schema, e di conseguenza le giornate in trasferta sono estremamente differenti, dove ovviamente la tua squadra non è la protagonista del parquet.
Dopo aver “assaggiato” i primi minuti di gioco, la differenza tra basket europeo e americano che avevo già riscontrato in allenamenti o “al campetto” si è fatta sentire ancora di più. La fisicità e l’abilità sono in primo piano, rendendo i fondamentali, difesa, e organizzazione di gioco sopraffatti dal talento dei singoli. I quarti sono da otto minuti ciascuno e alcune regole sono diverse da quelle chiamate da Favretti o Beltramini; per esempio i “ventiquattro secondi” non esistono, ed effettuare una schiacciata durante il riscaldamento provoca un fallo tecnico in favore dell’avversario.

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A questo punto della stagione, posso dire che il sogno a cui un po’ tutti noi cestisti, nel nostro piccolo della Libertas Gonars e non, miriamo per me si è realizzato, e la fine del campionato che già si avvicina mi rattrista. La stagione infatti comprende un totale di ventidue partite, al termine delle quali, in base ai risultati ottenuti nei “conference games” ci sono le eventuali competizioni per avanzare fino ad essere “state champions”, campioni dell’intero North Carolina. I “conference games” infatti sono di maggiore importanza, con squadre eccellenti e giocatori con un brillante futuro cestistico. Una delle più prestigiose che abbiamo affrontato è niente di meno che la scuola che vide come studente e giocatore Chris Paul, ora ai Los Angeles Clippers. Abbiamo inoltre affrontato due squadre australiane, che avevano intrapreso una stagione itinerante qui negli US, fronteggiando diverse scuole; le partite tuttavia contavano come regolari partite della nostra stagione.

Vorrei ringraziare di cuore la Libertas Gonars, non solo per avermi permesso di giocare “in regola” in America, ma soprattutto per avermi cresciuto come cestista e persona fin da quando a quattro anni iniziai il minibasket con la psicomotricità, e per avermi seguito nel tempo, facendomi innamorare di uno sport meraviglioso che ora mi permette di vivere una fantastica esperienza, direttamente dove questo sport è sacro, gli Stati Uniti.

Mauro Belinazzi